Mentre sono in corso di svolgimento le giornate del Palermo Pride nazionale, non possiamo nascondere il nostro profondo disagio nei confronti di una scelta del comitato organizzatore che non esitiamo a definire gravissima, sia da un punto di vista etico, sia da un punto di vista politico.
A dispetto di quanto dichiarato nel documento di presentazione (in cui si afferma che [nel Pride] tutte le battaglie di Libertà trovano una casa comune), le manifestazioni di quest’anno sono marchiate dalla presenza di un padrino a dir poco ingombrante che ha davvero poco a che fare con la libertà.
Per chi non lo sapesse (e sono in pochi, a Palermo, a non saperlo) il Pride si avvale del patrocinio dell’Ambasciata degli Stati Uniti d’America. Una scelta assurda, alla luce del fatto che qui in Sicilia, ormai da anni, è in corso una lotta durissima proprio contro gli interessi militari degli USA che vogliono costruire il MUOS, una potente infrastruttura bellica dall’impatto ambientale devastante che si aggiungerebbe alle altre basi statunitensi che umiliano il territorio siciliano.
Questo patrocinio è un’astuta mossa perfettamente in linea con la “neolingua” statunitense, la stessa “neolingua” con la quale, in senso orwelliano, ci si erge a paladini dei diritti civili e delle libertà mentre si impone un serrato controllo sociale ai propri cittadini, oppure si promuove un’immagine rassicurante e politicamente correttissima mentre si esporta il proprio dominio con le guerre e la prevaricazione.
In questo senso, dare all’ambasciata USA la possibilità di rifarsi la reputazione attraverso le rivendicazioni delle persone LGBTIQ è stato semplicemente vergognoso.
Non è qui in discussione la consolidata attitudine a cercare patrocini da parte di enti locali e istituzioni: ciascuno organizza le proprie iniziative come meglio crede.
Ma se il patrocinio del Comune di Palermo o della Regione Siciliana possono risultare comprensibili per una manifestazione che si svolge a Palermo e in Sicilia, davvero non si capisce cosa c’entri l’ambasciata degli Stati Uniti d’America.
Certo, se si pensa alla rivolta di Stonewall e a come nacque il movimento di liberazione gay, è evidente che siamo ben lontani da quella tensione etica.
La realpolitik e la mercificazione delle relazioni sociali si impongono ovunque, persino nell’organizzazione di un evento come il Pride.
Sappiamo bene che all’interno dell’associazionismo LGBTIQ sono in molti a provare imbarazzo e insofferenza per questi elementi a dir poco critici e contraddittori.
Da anarchiche e anarchici, ribadiamo la nostra solidarietà nei confronti di tutte le battaglie civili e di libertà, e auspichiamo che all’interno del movimento LGBTIQ palermitano e siciliano si inneschi un dibattito chiarificatore a beneficio della credibilità e del buon nome di una lotta che è patrimonio di tutti gli individui liberi, senza distinzione, e non certo delle grigie nomenclature degli stati guerrafondai.
Spazio di Cultura Libert’Aria